Descrizione
Il nome equiseto deriva dal latino e letteralmente significa “crine di cavallo”. E’ conosciuta anche con il nome di erba dello stagno ed è una particolare felce con fusto, alta circa 50 cm. ed è stata sempre utilizzata, a partire dai Greci e dai Romani, a scopo terapeutico. E’ conosciuto anche con il nome di “argilla vegetale” proprio per i minerali in esso contenuti e per le sue peculiari proprietà. L’appellativo arvense, significa che è tipico delle zone campestri, dove si trova facilmente lungo terreni umidi e incolti, lungo scarpate e in terreni sabbiosi o argillosi.
L’equiseto è una felce erbacea perenne con gemme in posizione sotterranea. Nella stagione invernale non ha alcun organo aereo e le gemme si trovano in organi sotterranei detti rizomi. In realtà la pianta continua a svilupparsi sotto terra anche durante le altre stagioni. Non è infrequente che alcuni rami laterali ipogei si trasformino in tuberi rotondi che contengono sostanze di riserva per lo svernamento. Le radici vere e proprie sono fascicolate.
La parte che si trova sottoterra consiste in un fusto strisciante con tuberi e varie ramificazioni spesso molto intricate che danno vita a germogli eretti sopra il livello del terreno. I germogli hanno la caratteristica di essere provvisti di una sola cellula apicale molto grande a forma di tetraedro da cui partono per divisione cellulare le successive per lo sviluppo del fusto adulto.
Il fusto è di due tipi: sterile o fertile. Quello sterile è di colore verde e quindi fotosintetico, mentre quello fertile è di colore bianchiccio oppure bruno, privo di clorofilla ma atto alla riproduzione. Entrambi sono fortemente scanalati longitudinalmente.
L’equiseto è composto da acido silicico, glucoside delle saponine (equisetonina), flavonoidi, piccole quantità di alcaloidi, resine e acidi organici, acido ascorbico, sostanze amare e minerali quali potassio, alluminio e manganese.
Per scopi omeopatici si adopera il fusto sterile che si raccoglie in estate e viene essiccato, triturato ed eventualmente polverizzato.
Le proprietà dell’equiseto sono: antiemorragica, cicatrizzante, emostatica, diuretica, astringente, antitubercolare, ma soprattutto remineralizzante. A questo proposito alcuni studi scientifici hanno confermato che l’assunzione di equiseto in polvere accelera sensibilmente il tempo di guarigione delle fratture ossee.
Alcuni studi hanno evidenziato che l’equiseto ha una certa tossicità soprattutto nel bestiame, dovuta probabilmente alla notevole quantità di membrane silicizzate che possono causare lesioni al tubo intestinale degli erbivori.
I nostri antenati usavano i germogli panati e fritti oppure conditi con aceto, a guisa di insalata. L’equiseto può essere aggiunto a zuppe, minestroni, o come integratori di sali minerali. In Giappone si usano gli strobili bolliti, salati e lasciati macerare in aceto con una salsa locale. Le parti basali dell’equiseto si usano lessate in alcune popolazioni del messico. Il sapore della pianta è molto simile a quello del fieno.
La pianta veniva usata per lucidare gli oggetti di legno o metallo, strofinando il fusto sull’oggetto. Ciò è dovuto in particolare alla presenza dell’acido silicico dell’equiseto e la pratica è resa più semplice dalla particolare forma della pianta che permette la pulizia di oggetti come bottiglie o vasi. I romani usavano l’equiseto come sapone e tutt’oggi è uno degli ingredienti di alcuni prodotti cosmetici antirughe poiché rallenta l’invecchiamento della pelle.
Una curiosità: sembra che siano stati trovati reperti fossili di equiseto datati 300 milioni di anni fa e quindi è una pianta che appartiene al periodo devoniano.
Consultare sempre il proprio medico prima di assumere il prodotto per fini terapeutici.
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