Cosa significa fare kombucha con il tè in bustine

Si può fare kombucha con il tè in bustine acquistato dal supermercato?

Sveliamo subito la risposta: si può fare ma è meglio non farlo. Parliamo un attimo del tè e vediamo insieme perché.

Partiamo da una osservazione molto semplice.

Tutti i grandi centri commerciali sono più che forniti di innumerevoli varietà di tè in bustina, ma pochi hanno quelli in foglie. Come mai?

Ci sono diverse ragioni, ma la principale è proprio il costo.

Si perché quello che normalmente finisce nelle bustine del tè in gergo tecnico si chiama tè di tipo “CTC” che è un acronimo inglese che sta per “Cut, Tear and Curl” ossia “taglia, strappa e arriccia”.

In parole povere si tratta di foglie sminuzzate che sono considerate idonee per entrare nelle piccole bustine che devono contenerne giusto la dose di una tazza.

Qui però bisogna aggiungere un particolare circa l’etica degli operatori coinvolti nella filiera.

Un tempo si soleva farsi tagliare queste foglie appositamente per le bustine, ma in seguito si è cominciato a recuperare gli scarti delle lavorazioni delle foglie per utilizzarle in questi sacchetti.

Ciò ovviamente comporta un abbassamento considerevole della qualità della bevanda finale perché tali scarti sono poco controllati e controllabili, con qualche azienda che addirittura mescola vari tipi di tè differenti per risparmiare ulteriormente.

Ma c’è un discorso che ha risvolti ancora peggiori proprio sulle bustine.

Si racconta che esse furono inventate nei primi anni del ‘900 da Roberta C. Lawson e Mary McLaren, due donne di Milwaukee, nel Wisconsin in maniera da avere sempre la giusta quantità di foglie senza sprechi.

Anche se il brevetto fu concesso nel 1903, sembra che le due donne non riuscirono mai a portare il loro prodotto sul mercato in larga scala.

Questo probabilmente è uno dei motivi per cui il loro contributo è passato pressoché inosservato dalla storia.

Un’altra ragione è a causa di una storia parallela che rimane la versione più raccontata oggi.

Un commerciante di tè di New York, Thomas Sullivan, era noto per il confezionamento dei suoi campioni di tè in bustine di seta monodose che dava ai suoi migliori clienti.

Qualcuno di essi, avrebbe erroneamente messo in infusione l’intera bustina in acqua calda anziché il solo tè.

Gli ordini crescevano rapidamente e molti suoi clienti chiedevano proprio queste bustine anziché le sole foglie.

Sullivan rimase scioccato nell’apprendere che le sue bustine andavano a ruba.

Successivamente Sullivan è passato a usare i sacchetti di garza sia per risparmiare che per una più corretta infusione. Questo comportò il necessario sminuzzamento delle foglie per farle entrare nei sacchetti sempre più piccoli. 

Se dunque all’inizio il metodo è sembrato un ottimo sistema per risparmiare e sprecare meno materia prima, oggi, appare paradossalmente il peggiore.

Si perché alcune aziende producono ancora oggi bustine che rilasciano nanoplastiche.

Oggi i consumatori sono molto più attenti alla salute, all’ambiente e ci si chiede: le bustine sono sicure? 

Secondo uno studio condotto nell’università McGill di Montreal nel 2019, le bustine che contengono nylon e PET, a 95° di infusione, rilasciano 11,6 miliardi di microplastiche e 3,1 miliardi di nanoplastiche.

Per questo motivo oggi alcune aziende hanno iniziato un processo inverso e utilizzano bustine che non contengono queste sostanze, anche se a dir la verità sono molto poche rispetto alla vastità e varietà di marchi presenti sul mercato.

Naturalmente ci sono aziende che commerciano ottimi tè in bustine che dichiarano essere prive di sostanze nocive, ma il loro costo è maggiore delle foglie equivalenti e soprattutto, abbiamo certezza che già la sola colla per chiudere la bustina sia priva di ogni sostanza nociva per la nostra kombucha?

E a proposito di kombucha, vediamo di rispondere alla domanda iniziale.

Come potete immaginare il microclima che si crea nei nostri vasi che ospitano SCOBY e liquidi è molto delicato e sensibilissimo ai minimi cambiamenti. 

Non è raro che a qualcuno di noi sia capitato di far ammuffire tutto per ragioni diverse. Una di queste risiede sicuramente nelle bustine che contengono nanoplastiche. 

E’ difficile per noi rendercene conto perché il danno si verifica un po’ di tempo dopo e difficilmente colleghiamo la muffa presente oggi a una pratica errata condotta qualche mese prima.

Peraltro, non è detto che ciò debba necessariamente avvenire subito. Potrebbe passare molto tempo prima che la nostra simbiosi di batteri e lieviti perda la sua battaglia contro queste microparticelle.

Concludo dicendo che è sicuramente più salutare utilizzare il tè in foglie ma lo è ancor di più preferendo prodotti biologici che garantiscono un successo maggiore nella pratica della kombucha.

Ciò non significa che la muffa non potrà danneggiare la nostra coltura se per esempio non abbiamo le mani più che pulite mentre operiamo, oppure se non chiudiamo bene i nostri vasi lasciando penetrare microparticelle indesiderate.

E poi, sfido chiunque a trovare nel supermercato sotto casa un Darjeeling Tumsong o un Pussimbing in bustina…

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